L’alta cucina in Ungheria: la nostra esperienza al Babel restaurant di Budapest
Non solo zuppe e insaccati; nella capitale ungherese i ristornati gourmet non mancano. Com’è stato cenare al Babel Restaurant ?
Verso il ristorante
Passeggiando per le strade di Budapest, i pensieri si susseguono spinti da quella febbrile aspettativa di quando ci si prepara a qualcosa di nuovo e tanto atteso. Ad ogni passo, i binari dei tram si snodano nei vicoli della città scomparendo dietro gli angoli dei palazzi mentre una filza di guglie gotiche a guardia del Danubio, sfidano il cielo.
Dove un tempo la vecchia Pest osservava le torri di Buda, all’angolo tra la via dello shopping e l’Erzsébet Bridge, si trova il ristorante Babel. La facciata grigio fumo risalta il rosso vivo della targa più conosciuta dai gourmands affissa all’entrata del ristorante. Le ampie vetrate invogliano l’ospite ad entrare per poter iniziare l’esperienza tanto attesa. Il design interno è un perfetto incastro di legno, pietra e vetro. Gli ultimi sprazzi di luce della giornata avvolgono la sala, rendendo l’atmosfera ancor più rilassata. Siamo i primi ad accomodarci, le sedute ci accolgono, mettendoci a nostro agio per iniziare al meglio questa esperienza.

Il percorso
Il servizio giovane e attento è di buono auspicio per l’esperienza gustativa che mi aspetta, così come gli amuse-bouche: un indizio del tema culinario della serata. L’obiettivo del menu degustazione, infatti, è diventare una vetrina delle prelibatezze territoriali e di quelle regioni anticamente annesse all’impero austro-ungarico. La cena si apre con il suono scrocchiarello di cialde e paté di ostrica, accompagnato ad un’ottima tartare di trota e salicornia.
Una delle pietanze più interessanti è il Casino egg: una reinterpretazione della classica insalata russa. Una matrioska gustativa con la spuma all’uovo che cela una cupola di verdure. Al suo interno, del tuorlo marinato e una gelé all’aceto di mela. Il tutto completato da una quenelle di caviale francese. Già dalla prima cucchiaiata la sensazione che si crea al palato è quella di un caos ragionato. Il croccante dei vegetali, la crema che si scioglie in bocca, i sentori del mare; tutte sensazioni racchiuse in questo piatto che accompagna il commensale su un ascensore sensoriale di gusti e consistenze.


Ph: Antonio Fekete
Il pasto si conclude con un dolce che fa sorgere un dubbio. Nocciole, alloro e una namelaka alla mela cotogna. Ma se lo chef cerca di trasmettere l’importanza del territorio e della stagionalità, perché l’utilizzo di questo ingrediente in giugno?
Il responso finale
L’uscita dal ristorante si presenta con differenti sfaccettature. Camminando sulla riva del Danubio si percepisce un senso di compiacimento per l’esperienza fatta, condita con un certo rammarico per delle aspettative non del tutto soddisfatte. Se in Italia un menu degustazione di 8 portate è esauriente, qui le porzioni gourmet, decisamente da ancien regime, saziano lo sguardo, ma non l’appetito.
L’amaro in bocca viene lasciato non soltanto dal caffè, ma anche da un conto importante. Ben 250 euro a persona. Babel, con le sue preparazioni tecnicamente ben eseguite e le materie prime eccellenti, mi ha fatto capire che non si può affrontare una visione ristorativa diversa da quella a cui si è abituati senza lasciarsi alle spalle dei preconcetti.
Se in Italia si cercano alternative gourmet alla trattoria a menu fisso con portate più sazianti, al Babel Restaurant si accetta di buon grado la qualità rispetto alla quantità, senza domandarsi se i kurtoskalacs venduti al chioschetto appena fuori al locale, avrebbero saziato di più.
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