
Pietro Leemann. La sua rivoluzione vegetariana
Molte persone quando pensano alla cucina vegetariana vedono solamente delle porzioni di contorno un po’ più abbondanti, altri ancora (a livello professionale) lo ritengono una limitazione creativa dove il cuoco trova difficoltà nell’esprimere il suo concetto di cucina utilizzando solo materie prime di origine vegetale.
La “verità” (concedetemi il termine), è che la cucina vegetariana è molto di più; può essere innovativa, avanguardista e, altre volte, una denuncia verso le nostre azioni umane. Un esempio assai importante è, appunto, Pietro Leemann.
La nascita e la crescita
Pietro Leemann nasce a Locarno (un comune della Svizzera con 15.000 abitanti) nel 1961 in una famiglia di insegnanti con una una passione per l’alimentazione buona e naturale.
La scelta di diventare un cuoco si presenta nel 1976 quando si ritrova a casa sua Angelo Conti Rossini, un grande cuoco svizzero, come ospite a cena.
Il giovane riceve come regalo una bavarese alla vaniglia fatta con le mani dello chef svizzero e, all’assaggio di quel semplice dolce, la mente di Leemann viene stravolta e si palesa in modo chiaro la sua decisione nel diventare un cuoco.
Le sue esperienze
Nel 1978 inizia la sua prima esperienza a Lugano in un ristorante di cucina italiana chiamato “Da Bianchi”. Qui il giovane e ancora inesperto Leemann riesce a farsi valere e a diventare amico di tutti i vari componenti della brigata, ripudiando però tutte le maniere “aggressive” che contraddistinguono la maggior parte dei cuochi.
Nel 1981 inizia una nuova esperienza al “Corviglia” a S. Moritz, dove impara la cucina tradizionale francese ma, andando sempre più avanti, Leemann nota di non riuscire a rispecchiarsi in ciò che mette nel piatto.
Nel 1983 riesce ad entrare da Girardet, considerato allora il miglior rappresentante della “Nouvelle cusine” e proprio lì impara il rigore, la voglia di voler far sempre di meglio e, soprattutto, la ponderatezza anche nei momenti di maggiore stress.
Nel marzo del 1984 riesce ad entrare nella brigata di Marchesi in via Bonvesin de la Riva dove, il giovane cuoco pensante, impara molto dal maestro Marchesi che ha definito come ,”un uomo di cultura e un grandissimo gentiluomo con un grande rispetto verso tutti i componenti della brigata”.
Gli anni della svolta
Nel 1985, dopo un periodo di lavoro all’hotel Richmond, decide di diventare vegetariano e si iscrive come esterno ai corsi di filosofia e psicologico dell’università di Ginevra.
Qui, Leemann, decide di allontanarsi dall’occidente che definisce “stretto” e nell’86 parte per un lungo viaggio in Cina, dove studia la lingua, la cucina, la cultura e, soprattutto, il Tai Chi, definito da lui stesso come “il primo strumento di meditazione”.
Successivamente viene assunto in Giappone dalla scuola Tsuji di Osaka dove insegna cucina italiana e francese ma, successivamente, sì presenterà in lui il dubbio se tornare a casa o meno e, dopo attente riflessioni, decide di fare ritorno in occidente per poter trasmettere ciò che aveva imparato.
Nel 1989, assieme ad un gruppo di amici, decide di iniziare una nuova avventura all’insegna della cucina vegetariana; apre così il ristorante “Joia”.
Nel suo ristorante Leemann riesce a rispecchiarsi totalmente nei piatti che crea, portando i concetti di cucina vegetariana e salutista a livelli altissimi.
Negli anni a seguire il suo stile si perfezionò e il Joia raggiunse la prima stella Michelin nel 1996, diventando così il primo ristorante vegetariano europeo all’interno della famosa guida.
I piatti iconici
Una particolarità dei piatti di Leemann è che ognuno di loro racconta una storia; a volte in modo serio e provocatorio, altre volte in modo scherzoso.
Un esempio può essere il “raviolo fatto a mano”, dove la pasta del raviolo aperto agli spinaci è letteralmente a forma di una mano che cerca di “prendere” una caponata siciliana, con verdure, pinoli e uvetta; tale piatto cerca di rappresentare la fratellanza, la speranza e la scelta alimentare che lo chef ha deciso di intraprendere.
Impossibile non citare ancora “anima mundi”, il cui nome fa riferimento ad un concetto filosofico presentato da Platone, dove ogni cosa è anima del mondo e ogni cosa è anima a sua volta.
Il piatto è un tortino di patate, piselli e spinaci, erbe spontanee, citronette al mirtillo, salsa di arachidi e caprino di mandorla.
In conclusione
Questo è Pietro Leemann, questa è la sua idea di cucina e questa è la sua filosofia; riuscire a svincolarsi dai limiti e giocare coi colori, consistenze e cotture, proponendo un pasto salutare e “altruista”, dando così una nuova entità al concetto di cucina vegetariana.
Cucinare -soprattutto saperlo fare- è una forma di libertà che sta cambiando il mondo, in modo più efficace di qualsiasi rivoluzione. Scegliendo gli ingredienti giusti e abbinandoli correttamente, facciamo il nostro bene e quello degli altri.
-Pietro Leemann
Consigliatissimi per chi fosse interessato alla cucina vegetariana, i suoi libri tra i quali spicca senza dubbi quel che è considerata un testo sacro di questa corrente:
- Il codice della cucina vegetariana (LINK)